Tour audio Il mazzamurillo in Abruzzo
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Il folletto è presente nell’immaginario di ogni cultura umana. In Abruzzo e in Molise è noto specialmente con il nome di ʻmazzamorelloʼ o ‘scazzamorello’ e in alcune località, come a Loreto Aprutino (PE), è considerato lo spirito di un bambino morto prima del battesimo.
Effettivamente, questo essere viene immaginato con l’aspetto di un bambino di cui condivide l’indole vivace e dispettosa tanto da renderlo una figura molto simile a quella del trickster (a Barrea (AQ) si credeva che le rovine di un’azienda rurale costituissero la dimora dei mazzamaréglië che con i loro dispetti rendevano impossibile a chiunque lavorare nell’area).
A San Pelino, fraz. di Avezzano (AQ), Finamore attesta che, alla fine del XIX secolo, i fojjitti venissero considerati degli spiriti maligni condannati a vagare tra cielo e terra in seguito alla ribellione di Lucifero.
Finamore registra una credenza simile anche a Pescocostanzo (AQ) dove, sempre alla fine del XIX secolo, gli spiriti erano classificati in tre ordini: celesti (angeli), terrestri (mazzəmaréjji) e infernali (demoni) (Finamore, 1890:5). L’esistenza di tali convinzioni spiega per quale motivo il folletto, in alcune località sia abruzzesi che molisane, venga chiamato ‘capro’, ‘diavolo’ o ‘lucebello’. In ogni modo, in Abruzzo e in Molise al folletto, analogamente a quanto avviene in altre regioni italiane, viene fatto indossare il tipico berretto rosso.
Oltre a ciò, il folletto è considerato l’artefice dei vortici di vento e per questa ragione i termini centro-meridionali ʻmazzamorelloʼ e ‘scazzamorello’ indicano anche il ‘nodo di vento’.
Generalmente, il folletto abruzzese-molisano non è malvagio. Le sue azioni sono perlopiù considerabili come scherzi domestici. Difatti, il ʻmazzamorelloʼ / ‘scazzamorello’ è solito picchiare con una mazza le assi del letto, le pareti e il soffitto (Finamore, 1894:111).
Tratto da Pandàfəchə, mazzəmarìllə e lupə mənarə: i nomi delle creature fantastiche della tradizione popolare abruzzese e molisana di Davide Boccia (2020)
- 1 Il mazzamurillo del Fiabosco
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Il folletto è presente nell’immaginario di ogni cultura umana. In Abruzzo e in Molise è noto specialmente con il nome di ʻmazzamorelloʼ o ‘scazzamorello’ e in alcune località, come a Loreto Aprutino (PE), è considerato lo spirito di un bambino morto prima del battesimo.
Effettivamente, questo essere viene immaginato con l’aspetto di un bambino di cui condivide l’indole vivace e dispettosa tanto da renderlo una figura molto simile a quella del trickster (a Barrea (AQ) si credeva che le rovine di un’azienda rurale costituissero la dimora dei mazzamaréglië che con i loro dispetti rendevano impossibile a chiunque lavorare nell’area).
A San Pelino, fraz. di Avezzano (AQ), Finamore attesta che, alla fine del XIX secolo, i fojjitti venissero considerati degli spiriti maligni condannati a vagare tra cielo e terra in seguito alla ribellione di Lucifero.
Finamore registra una credenza simile anche a Pescocostanzo (AQ) dove, sempre alla fine del XIX secolo, gli spiriti erano classificati in tre ordini: celesti (angeli), terrestri (mazzəmaréjji) e infernali (demoni) (Finamore, 1890:5). L’esistenza di tali convinzioni spiega per quale motivo il folletto, in alcune località sia abruzzesi che molisane, venga chiamato ‘capro’, ‘diavolo’ o ‘lucebello’. In ogni modo, in Abruzzo e in Molise al folletto, analogamente a quanto avviene in altre regioni italiane, viene fatto indossare il tipico berretto rosso.
Oltre a ciò, il folletto è considerato l’artefice dei vortici di vento e per questa ragione i termini centro-meridionali ʻmazzamorelloʼ e ‘scazzamorello’ indicano anche il ‘nodo di vento’.
Generalmente, il folletto abruzzese-molisano non è malvagio. Le sue azioni sono perlopiù considerabili come scherzi domestici. Difatti, il ʻmazzamorelloʼ / ‘scazzamorello’ è solito picchiare con una mazza le assi del letto, le pareti e il soffitto (Finamore, 1894:111).
Tratto da Pandàfəchə, mazzəmarìllə e lupə mənarə: i nomi delle creature fantastiche della tradizione popolare abruzzese e molisana di Davide Boccia (2020)
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