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音频游览 La vita e le opere di Enrico De Cillia

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Enrico De Cillia nasce a Treppo Carnico il 31 agosto del 1910. Rimasto orfano giovanissimo di entrambi i genitori, a tredici anni entra a bottega nello studio udinese del pittore carnico Giovanni Moro, dove per cinque anni apprende il mestiere di decoratore, applicandosi nell'affresco in numerose chiese friulane.

La sua vocazione lo spinge però ad un rapporto più intimista con l'arte, non sollecitato da particolari committenze, e verso la fine degli anni Trenta inizia ad esporre nelle mostre udinesi piccoli paesaggi e nature morte dai temi quotidiani con una tavolozza dai toni cupi, per affermarsi lungo gli anni Quaranta dipingendo gli attrezzi e i luoghi del lavoro di operai e cavatori, gli interni delle baracche dei cantieri, in sintonia con le tematiche neorealiste: nei suoi quadri però non compare mai la figura umana, privilegiando la poesia delle cose umili, raggruppate in composizioni sintetiche, la cui volumetria semplificata è accompagnata da un tonalismo che predilige la materia corposa, a tratti animata da accensioni luministiche di ascendenza espressionista.

Allestisce la prima personale a Milano nel 1954 alla Galleria Cairola, dove s'impone all'attenzione critica nazionale. Nel 1954 fonda a Udine la Galleria del Girasole affidata nel 1956 al figlio Giorgio, che apre la sua sala, sulle rive del Castello, ai maestri del Novecento, da Picasso, De Chirico, Morandi, Sironi, Guttuso, ai friulani Zigaina, Ciussi, Celiberti, Anzil etc., affermandosi nel mercato dell'arte contemporanea a livello nazionale. In questi anni inizia a dipingere il paesaggio del Carso, soggiornandovi in una specie di studio-fortino dalle parti di Aurisina.

Le cave, le rocce, la vegetazione, ma anche il vento e le stagioni, sono i soggetti dei suoi quadri dall'orizzonte alto, dove il motivo dal vero è solo uno spunto illustrativo poi rielaborato con una tecnica che lungo gli anni Sessanta nel libero gestualismo rimanda all'Informale, mentre il Carso va assumendo i caratteri di un personaggio umanizzato, dove l'artista, solo con la natura e con se stesso, vi proietta i suoi stati d'animo. De Cillia diventa per la critica il "pittore del Carso" e ai suoi dipinti vengono accostate le liriche di Ungaretti, Slataper, ad alimentare il mito letterario e poetico di quel particolare paesaggio: per Carlo Levi il Carso di De Cillia è semplicità di visione e l'artista vi cerca se stesso, mentre per Biagio Marin De Cillia è "il pittore più violento e drammatico del Carso".

Fedele fino alle sue ultime tele, dipinte nel 1991, a questo suo paesaggio dell'anima, De Cillia vi si immerge in formati sempre più ampi, evocandolo attraverso la memoria e il sentimento con un colore cupo dove a tratti, tra le ombre ei silenzi che vi si addensano, vibrano i rossi del sommacco.

L'Artista si spegne a Udine l'8 maggio 1993.

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