Audio tour 6. L'olimpo di Vercelli e la memoria
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Nella Sala 6 sono conservate due stele funerarie che servivano a eternare la memoria del defunto in quanto recavano incise alcune informazioni inerenti al suo ruolo sociale e status. A volte potevano essere accompagnate da ritratti a rilievo; in altri casi invece erano raffigurati elementi simbolici connessi all'aldilà. Le tombe infatti erano proprio il mezzo per autorappresentarsi e continuare a vivere nel ricordo dei propri cari e della comunità. Per tale ragione esse dovevano essere ben visibili: chi era abbastanza ricco da potersi permettere sepolture monumentali, si faceva erigere dei veri e propri mausolei o degli edifici che spiccavano per monumentalità e altezza. Ciò doveva servire a catturare l'attenzione dei passanti, ai quali spesso era rivolto l'invito - inciso sulle edicole funerarie - di soffermarsi anche solo per un istante per porgere un saluto al defunto.
In questa sala sono conservate l'edicola di T. Arruntio ed una piccola stele proveniente dall’area del Brut Fond.
Nel II e III secolo d.C. per l'autocelebrazione dopo la morte i cittadini vercellesi preferirono affidarsi alla monumentalità dei grandi sarcofagi in marmo e in pietra locale, alcuni dei quali rinvenuti nell'area necropolare del Duomo e conservati oggi al Museo Leone. Alcuni sarcofagi potevano essere importati, altri invece venivano realizzati localmente come i tipi più diffusi a cassa semplice e copertura a doppio spiovente, solitamente accompagnati da una dedica incisa su uno dei fronti maggiori.
In una città romana non potevano mancare edifici templari per venerare gli dei. Anche Vercelli doveva esserne dotata ma gli scavi archeologici non hanno ancora permesso di identificarne con precisione alcuno. Alcuni recenti ritrovamenti in via Giovenone sembrano pertinenti ad un monumentale edificio pubblico di incerta funzione; studi futuri forse potranno chiarire la situazione.
Secondo quanto riferito dal poeta Marziale, Vercellae doveva essere sacra al dio Apollo; da un punto di vista materiale nessuna evidenza archeologica ha permesso di confermare tale ipotesi anche se le fonti storiografiche attestano il ritrovamento "dall'area della Cittadella di una statua di marmo finissimo consacrata allo stesso dio [Apollo], la quale fu dl Duca Emanuele Filiberto fatta condurre a Torino tra le delizie de' suoi marmi e giardini l'anno 1565". La questione resta tuttora aperta.
Appare interessante il ritrovamento di alcuni frammenti di coppe raffiguranti le dee Matrone danzanti e il dio Mercurio; il culto delle Matrone, di origine celtica, è frequentemente attestato nel Nord Italia. A Vercelli il culto delle Matrone è attestato anche dal ritrovamento di epigrafi votive ed are.
Esistevano però anche culti domestici testimoniati dai lararia, ossia da piccoli tempietti privati all’interno delle domus. In essi giornalmente venivano portate offerte per gli antenati, affinché proteggessero i vivi e venisse eternato il loro ricordo. Un esemplare di piccolo altare è qui conservato assieme a due frammenti di piccola statuaria in argilla. Sui larari infatti, oltre alle offerte votive, venivano collocate piccole statue e lucerne.
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